“È tipico di queste parti fare le sagre… è comunque un modo di stare insieme”, [Massimo Bardelli, Presidente ASD “Golfo Rugby” di Follonica]
Parlare di sagra relativamente allo sport del rugby può sembrare a prima vista un accostamento azzardato. Cosa c’entra una festa dal sapore religioso con uno sport molto fisico, apparentemente sgraziato e molto muscolare? In realtà tanto, tantissimo. L’origine della parola sagra deriva dal latino sacer, accusativo sacrum, che vuol dire proprio “sacro”. Anticamente, si celebravano cerimonie religiose (“sagre”, appunto) per la consacrazione di un luogo o di un oggetto di culto ed erano, innanzitutto, dei momenti di comunione tra uomini e sacro. Ha quindi assunto il significato di fiera patronale, in onore del santo patrono del posto, con cadenza annuale, in cui durante uno o più giorni, si offrono libagioni, principalmente di stagione, che si consumano in banchetti festosi a cui partecipa l’intera comunità. Spogliata del manto religioso, è una festa popolare, in cui si celebra la semina o il raccolto o una tipicità alimentare locale, mantenendo tuttavia una certa aura di sacralità data dal comune senso di appartenenza e dalla condivisione. È questo aspetto specifico, di condivisione e senso di appartenenza, insieme al rispetto delle regole ciò che, a mio avviso, accomuna il rugby con la tradizione della sagra.
La Sagra

All’inizio del mese di agosto, e in modo del tutto inaspettato, mi è stato proposto di prender parte ad una interessante iniziativa a beneficio della comunità rugbistica di Follonica (GR): la rinomata “Sagra del Polpo” che si tiene annualmente per la Festa del Rugby. Ho accettato, di buon grado. E ho fatto bene. Non avevo mai partecipato ad una sagra “dal di dentro” e questa del polpo a Follonica è unica, oltre che originale. L’ambiente è accogliente e cordiale: ci si dà da fare ma senza la concitazione che comunemente accompagna queste manifestazioni (e se c’era, è stata ben gestita). La sagra si organizza principalmente per due motivi: per autofinanziarsi e per stare insieme, come mi spiega Massimo Bardelli, il Presidente dell’ASD “Golfo Rugby” di Follonica (originariamente di Scarlino, un piccolo centro situato a nord-ovest di Follonica, n.d.r.), Tutti gli anni, infatti, la sagra è l’appuntamento fisso per raccogliere i fondi necessari alla società, per affrontare la stagione successiva, dal momento che non riceve sovvenzioni né dalla Federazione Nazionale né dal Comune, a parte la concessione del campo da gioco. Ma è soprattutto un grande momento di aggregazione, che coinvolge ragazzi e genitori, che si trovano bene nel mondo del rugby, come in una grande famiglia allargata. Quest’anno per la prima volta si svolge a Follonica: dopo i due anni di stop, che hanno penalizzato tutte le discipline sportive, ma in particolare il rugby dilettantistico, che non ha la visibilità (lo spazio nei media) né il seguito degli altri sport nazionali, è stata quasi una scelta obbligata (ma vincente).

L’estate, si sa, è la stagione delle sagre, se ne fanno ovunque e su qualunque tipicità enogastronomica: perché proprio il polpo, come ingrediente principe per la Festa del Rugby? «Follonica è la città del golfo e il golfo è popolato di polpi; si sono sempre pescati e la sagra del polpo è una tradizione di Follonica», commenta Bardelli. «E poi perché nessun altro la fa, mentre la “Golfo Rugby” è tradizionalmente legata al polpo», aggiunge Donatella Galli, promotrice e anima organizzativa della manifestazione, nonché allenatrice ed educatrice della squadra. Principalmente, la sagra è una festa “povera” e si fa con i prodotti locali. «Noi l’abbiamo sempre fatta, è una cosa nuova e porta tanta gente perché è unica rispetto alle altre (sagra del tortello, dei pici, del cinghiale, n.d.r): nella provincia di Grosseto siamo gli unici a fare una sagra diversa, più costosa ai fini organizzativi, ma più attraente per il pubblico», continua Bardelli. Una scelta originale.
Il “Pirata del Polpo”



Appena giunta sul posto, la mattina di sabato 13 agosto, la prima persona a cui vengo presentata è Chef Massimo, noto come il “Pirata del Polpo”. La sua figura imponente troneggia tra i fornelli della cucina/kambusa dove, già dalle prime ore del mattino, si muovono indaffarate le volontarie (in gran parte, le mamme dei rugbisti) che hanno risposto alla chiamata. Sulla divisa da chef indossa un grembiule stile “musclenerd”, di quelli con su riprodotti pettorali e addominali da culturista – «C’ho messo un po’ a farmeli venire così», commenta simpaticamente rivolgendosi a me. Da subito, avverto “un’aria buona”, tra le persone presenti. Sensazione che mi accompagna per tutte e quattro le giornate di sagra. Al mattino, ci si reca sul posto per preparare gli ingredienti dei piatti presenti nel menù: ci sono Laura, Patrizia, Claudia, Debora detta Beba, Donatella, Flora, la giovanissima Stella, Tiziano, Alberto, Massimo e la sottoscritta. Ciascuno con una mansione, ma tutti sapientemente coordinati dal “pirata”. Ciò che mi colpisce è la cordialità e il garbo con cui lo chef gestisce il reparto cucina: mai un commento fuori posto, un’alzata di voce, un gesto sgarbato né un momento di attrito, anche nelle fasi più concitate. Notoriamente i cuochi non brillano per la loro galanteria, invece c’è sempre tanta nobilità nel comportamento di Chef il Pirata. «È così», conferma Donatella, «riesce a farti fare tutto quello che fai senza che tu ne senta il peso…la tensione c’è sin dalla mattina – prepara il polpo, taglia il polpo, pela le patate, sbuccia le cipolle, trita il prezzemolo e così via – ma ha la capacità di mettere insieme persone che vengono da esperienze diverse, senza essere mai sopra le righe: è sempre scherzoso, una persona piacevolissima con cui lavorare ed è fondamentale per la riuscita della sagra, mette tutti a proprio agio, parla con tutti, fa i complimenti a tutti… un vero gentleman!»

Lo Staff
“Il rugby è uno sport bestiale giocato da gentiluomini” [Henry Blaha (1935 – 1990), rugbista e giornalista statunitense].
L’altro motivo all’origine dell’iniziativa è quello di provare a riportare gente al rugby. La società sportiva Golfo Rugby nasce nel 2010 e nei suoi circa 12 anni di attività è giunta ad annoverare una settantina di iscritti suddivisi in 5 categorie (under 8, under 10, under 12, under 14 e under 16) – «Il Covid ha colpito le categorie più grandi, che hanno abbandonato, e stiamo ricostruendo le formazioni a partire dalle giovanili. Ora abbiamo circa 35-40 iscritti, perlopiù under 10 e under 8, li allena Donatella (Galli) insieme a Mattia (suo figlio, ex-Golfo Rugby, n.d.r.), ma ci vorrebbe almeno un altro allenatore», ammette il presidente. Prima di allora, il rugby a Follonica non esisteva. È uno sport di nicchia, partecipa chi vuol partecipare; si fanno tornei in tutta la regione, con anche qualche trasferta (Treviso, Parma), tuttavia fatica ad emergere ai livelli degli altri sport. Questa sagra è servita a riunire i ragazzi, che si sono prodigati moltissimo per tutte e quattro le serate. Sì perché, la vera unicità di questo evento è che i beneficiari della raccolta fondi siano anche “Lo Staff”. La prima sera ne sono arrivati una quindicina, tra ragazzi e ragazze di età compresa fra gli 8 e i 15 anni, quasi tutti militanti nella Golfo Rugby.


Insieme ad Alberto Righi, vice presidente della società (nonché addetto al cibo da asporto, n.d.r.), sono incaricata di coordinare lo “Staff”, e fornire assistenza dove e quando serve. Dopo il momento di briefing iniziale, in cui si spiega cosa fare e come farlo e si assegnano i tavoli numerati a ciascun aiutante, i giovani protagonsti di questa avventura partono alla volta della clientela, che un po’ alla volta, comincia ad occupare i tavoli. Con in dòsso la maglia sponsor della sagra, i loro vassoi e tanta motivazione prendono le comande, servono cibo e bevande con piglio da equilibristi (non ne hanno rovesciato nessuna!), sparecchiano e puliscono i tavoli come se lo avessero sempre fatto, pur essendo giovanissimi! È sempre una scoperta vedere dei bambini alle prese con “cose da grandi”: le prendono talmente sul serio, da essere persino più bravi e più affidabili degli adulti stessi. Si sono sentiti responsabili nel loro ruolo e consapevoli che, facendolo bene, ne avrebbero tratto qualcosa di buono: una generosa mancia! Grazie anche a questo incentivo, le sere seguenti hanno visto crescere il numero di aiutanti, accorsi anche da altri sport (vela) e da altre zone (Tatti), fino ad essere quasi una trentina. Si sono divertiti facendo squadra, dando una mano e ottenendo alla fine, una meritata ricompensa. Grazie a : Alba, Alex, Andrea, Anita, Anna, Ayman, Carmela, “Cecino”, Davide, Eleonora, Elettra, Elia, Enea, Flora, Francisco, Ginevra, Giovanni, Gregorio, Joselyne, Lorenzo 1 e Lorenzo 2, Martino, Matias, Matilde, Matteo, Mattia, Millo, Nora, Pia, Pietro, Pietrino, Rita, Stella, Tiziano, Walid e Zeno. Bravissime e bravissimi!










“Una delle motivazioni iniziali con cui ho sostenuto Donatella in questo progetto, è stata quella di ridare vita, spirito a questo sport. Per me la sagra sarà conclusa quando, ai primi di settembre, con l’inizio degli allenamenti, si vedranno più bambini” [Alberto Tesio, genitore di rugbisti e membro del team management della sagra]
La forza aggregativa di ragazzi e genitori, e persino di adulti che non hanno figli nel rugby, che tutte le sere venivano a dare una mano, è stata il vero motore di tutta la manifestazione. Del resto il rugby, tra tutti gli sport, è l’unico che contempli un momento di condivisione tra squadre avversarie dopo la partita: il famoso “terzo tempo”. Il terzo tempo è una delle tradizioni più caratteristiche del mondo del rugby: si svolge dopo la partita e fa riunire tutti i giocatori delle due squadre, che colgono l’occasione per offrirsi da bere e da mangiare e scambiare opinioni e considerazioni, come succede tra amici. Racchiude in se stesso uno dei principi fondamentali del rugby, ovvero la sportività: il valore che guida la partita di rugby e che ha permesso al “terzo tempo” di consolidarsi negli anni come vero momento di incontro e amicizia tra gli avversari. Il rugby è questo: rispetto delle regole e rispetto dell’avversario. È anche inclusività. «Nel secondo anno della mia presidenza, andai al campo profughi di Follonica, dove ebbi l’autorizzazione della Croce Rossa a portare al campo di gioco alcuni ragazzi di origine africana», racconta Bardelli, «riuscire ad includere ragazzi stranieri è nello spirito di questo sport. È una bella cosa, siamo sempre stati nel sociale. Io in quel campo (profughi, n.d.r.) ci ho lavorato per 7-8 anni e trovo che sia una bella iniziativa coinvolgerli nel rugby, considerato poi che sono dei fenomeni!», prosegue. La necessità di avere maggiore visibilità e, di conseguenza, più risorse, permetterebbe alla ASD Golfo Rugby di aprirsi ulteriormente al sociale, con iniziative rivolte ai bambini con disabilità, per esempio – «Abbiamo dovuto rinunciare ad avviare un programma di educazione sportiva rivolto ai bambini disabili perché in questo momento non ce la facciamo per mancanza di risorse, umane ed economiche, ma è un’idea per il futuro», aggiunge Donatella Galli.
Mentre mi parlano, vedo i loro sguardi accendersi: c’è vera passione, coinvolgimento e amore in quello che fanno, Tutti ci hanno messo il cuore; chiunque abbia partecipato, lo ha fatto animato da un autentico spirito solidale per una causa comune: ripartire più numerosi e più motivati di prima. Determinante l’aiuto di mamme e papà di giocatori, che hanno costituito il team della sagra: Patrizia e Adriana, Laura e Debora “Beba”, preziosissime in cucina; Andrea e Massimiliano in forza alla distribuzione di bevande e pane. Insieme a Claudia, Jacopo, Gabriele e Michela e Claudio; e poi Lavinia, Brigitte e Sergio, genitori di ragazzi non rugbisti, che hanno aderito e contribuito volentieri alla causa. E il team bar, con lo charme di Greta e Martina, il contributo musicale di Raffaele, e l’imprescindibile supporto di Mattia (jolly della sagra), cui si sono aggiunti Luisa e Giuseppe, che hanno servito caffè, spillato birre e coca-cola, dispensato sorbetti al limone e spritz, sempre col sorriso e tanta voglia di aiutare, divertendosi.







Sacro e Profano
“Chiedete e vi sarà dato […] Poiché tutti coloro che chiedono riceveranno” [Matteo, 7, 7-11]
“Nessuna esperienza è troppo bassa da non poter essere assunta a rituale e rivestire così un significato sublime.” [Mary Douglas, Purezza e pericolo, 1975]
Il weekend di Ferragosto, in cui si è svolta la Sagra del Polpo, ha visto il baromentro attestarsi stabilmente tra i 29° e i 30°C, con punte di 32/33° nelle ore centrali del giorno: caldo torrido. È stata una fortuna per una manifestazione estiva all’aperto. Tuttavia il 16, l’ultimo giorno, era previsto l’arrivo del maltempo che avrebbe sicuramente portato un po’ di sollievo dal caldo, ma che rischiava però di compromettere l’esito dell’ultima serata di sagra, che invece ha registrato la maggior affluenza di tutta la quattro-giorni!


All’inizio di questo scritto, ho affermato che la sagra, in quanto evento celebrativo, e il rugby hanno molte cose in comune, e ho cercato di raccontarlo tappa dopo tappa, nella lunga cronaca di un successo inaspettato. Ciò che sicuramente accomuna le due realtà è, a mio modesto avviso, il loro aspetto ritualistico che, benché in modalità differenti, produce effetti simili. Nella loro definizione più spicciola, i riti sono un insieme di atti o gesti eseguiti secondo norme codificate, la cui componente religiosa iniziale porta ad una funzione sociale, permettendo di rinsaldare i legami interni alla comunità. Nel rugby, la squadra neozelandese degli All Blacks, per propiziarsi la vittoria sull’avversario, inscena la famigerata “Haka”, la danza Māori che è l’espressione della passione, del vigore e dell’identità di un popolo, e un messaggio dell’anima espresso attraverso le parole e gli atteggiamenti.1 È un fatto che per scongiurare un qualsiasi episodio spiacevole, ci si rivolga, ciascuno a suo modo, a una qualche forma di protezione invisibile (una preghiera, un gesto scaramantico, un rito propiziatorio); che si scruti l’ambiente circostante in cerca di un segno, una parola o quello che è, in risposta alla nostra tacita richiesta. Il 16 agosto, molto probabilmente, sono state tante le preghiere silenziose rivolte al cielo, affinché graziasse l’ultimo giorno di sagra dall’imminente temporale, e poter chiudere in bellezza!

«È andata bene, la sagra è andata benissimo. Con due giorni in più, avremmo comprato il pulmino, ma lo compreremo con i ricavi del prossimo anno», dichiara soddisfatto il presidente Bardelli; «Quello che abbiamo raccolto, tolte le spese sostenute, ci permette di affrontare bene la nuova stagione 2022-2023 e di aiutare, in caso di bisogno, anche qualche ragazzo con un ISEE basso: non siamo fiscali, anche se la nostra retta non è alta (230€ l’anno)», conclude. «Tutto questo mi fa ben sperare in una rinascita ottobrina post-sagra e post-Covid, perché i bambini erano davvero tanti» aggiunge Alberto Tesio, del comitato promotore, «e nonostante i costi fissi, più alti che altrove (l’affitto dello spazio e i costi della logistica, n.d.r.), farla a Follonica ha garantito una certa visibilità, oltre all’alta affluenza di persone (più di 1300 coperti)». Il prossimo passo, adesso, è pubblicizzare la campagna iscrizioni, organizzando l’annuale Open Day per i primi di settembre, poco prima della ripresa scolastica. In genere, si va anche nelle scuole, perché è all’inizio dell’anno scolastico che i ragazzi scelgono lo sport che vorranno praticare: la scelta avviene in due momenti – la prova di settembre, intorno al 20, e una seconda prova entro la fine di ottobre, momento in cui si definisce lo sport dell’anno.
La speranza, nelle parole del presidente della ASD Golfo Rugby, è quella di «riuscire a fare bene quest’anno: è l’auspicio di tutti». Ed è anche il mio. Il polpo agguanta!
*Tutte le foto dell’articolo sono una gentile concessione di Donatella Galli, salvo ove diversamente indicato.
Nota: 1) Alan Armstrong, Maori Games and Haka, 1964
Complimenti per come sei riuscita a far percepire, in maniera netta e precisa, tutte le varie fasi della Sagra, facendola sentire viva, comprese sensazioni, emozioni e momenti realmente accaduti, grazie per questo bellissimo articolo, grazie per le significative parole spese su di me, mi hanno fatto enormemente piacere e grazie per la tua simpatica partecipazione. Il Pirata
Grazie Rita per tradurre in parole quanto di speciale abbiamo vissuto e porteremo per sempre nei nostri cuori.