Potus House: un nuovo capitolo

“Voglio andare a casa. La casa dov’è?… La casa è dove posso stare in pace con te” [Questa è la mia casa, Jovanotti, 1997]

Il progetto “Potus House”

«Mi chiamo Rita Balestra, ho due lauree, due cani e una casa in campagna. Di formazione traduttrice e antropologa, amo girare il mondo in cerca di storie da raccontare. Il mio progetto imprenditoriale è nato nel momento in cui, ereditata la casa avita, l’ho svuotata da tutto ciò che era superfluo, vecchio e inutilizzabile, e mi sono ritrovata a fare i conti con tanto spazio a disposizione e poca “vita” ad animarlo. Guardandomi intorno poi, ho scoperto una realtà povera di attrattive (sono circondata da coltivazioni di kiwi a perdita d’occhio, officine e capannoni meccanici) ma, soprattutto, da donne provate fisicamente dal lavoro nei campi, e non solo. Tra queste, le mie zie. Amando e praticando discipline orientali, come la meditazione Vipassana e lo Hatha Yoga, e non riuscendo a smuoverle (le mie zie) in alcun modo verso attività benefiche per le loro malconce ossa, ho pensato di portare i benefici da loro: se Maometto non va alla montagna…Da qui l’embrione del mio progetto.

Una lezione di Hatha Yoga

La dimora è circondata sui quattro lati da tanto terreno, con piante ornamentali e da frutto, più un piccolo uliveto. Questo mi permette di produrre marmellate (albicocche, prugne, cedro, arance, pesche, mele e melograno), liquori (mandarinetto e cedrello) e olio extra-vergine d’oliva, per ora ad uso personale, ma con l’intenzione di promuovere l’autoproduzione come marchio. Più in là, in un secondo momento e stante i requisiti necessari, di dotarmi anche di un’arnia per l’autoproduzione di miele e derivati delle api».

Una nuova chance

Potus House è un’idea, è la narrazione di una filosofia di vita che può essere riprodotta ovunque. È nata qui, però, in questa casa e dunque è fortemente legata a lei. Mia madre amava circondarsi di piante, fuori e dentro casa, e sul mezzanino delle scale aveva collocato due grandi vasi di pothos, che si arrampicavano attorno ai rispettivi bastoni muschiati. Un giorno, salendo le scale, mi accorsi di un lungo ramo di pothos che, silenziosamente, strisciava lungo i gradini, invece di abbarbicarsi verso l’alto, sul palo muschiato. Non lo avevo notato, fino a quel momento, e ne rimasi sorpresa. Era come se la pianta, stanca di starsene in un angolo avviluppata al suo sostegno, e curiosa di scoprire altro, avesse deciso di “scendere” per esplorare via terra il piano superiore. Meraviglia! L’immagine di una pianta ornamentale che “si anima”, mentre comunemente siamo abituati a vederla immobile dentro un vaso ad abbellire un angolo di casa, mi ha folgorato. Mi ha ricordato che c’era “vita” in casa e nel momento in cui dovevo dare corpo al mio progetto imprenditoriale, non ho avuto dubbi e l’ho chiamato Potus House *.

Ecco, mi piacerebbe davvero che l’acquirente di Potus House fosse qualcuno con un progetto di vita, volto a valorizzare il tanto di bello che ha da offrire, e non soltanto un semplice compratore di casa. Sarei più felice sapendo che Potus House è in buone mani. Om Shanti!

(*) In origine, il nome del progetto era Potus House – Casa Benessere; in un secondo momento, è diventato Potus House – Casa di Cultura

Foto e video di questo articolo sono di Rita Balestra e Fernanda Apiedinudisullaterra.

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