La Bellezza del Gesto

“Mi è sempre piaciuto occuparmi degli altri. Penso che occuparsi solo di se stessi sia estremamente noioso” [Susanna Agnelli, da Illuminate, Rai 3 puntata del 7 ottobre 2021]

Anche sottoporsi ad un screening mammografico può diventare un’esperienza narrativa. E’ martedì 5 ottobre e la dottoressa incaricata dell’esame mi fa subito una buona impressione. È giovane (tra i 30 e i 40), dinamica, motivata e le piace il suo lavoro: lo capisco da come si muove, da come parla, dalla confidenza con cui si rivolge a me dopo aver scoperto, dai miei dati anagrafici, che siamo nate lo stesso mese, ma in giorni diversi, e pertanto condividiamo lo stesso segno zodiacale. Questo dettaglio, altrimenti insignificante, è l’incipit di questa microstoria.

[Vergine: il segno zodiacale della storia]

Parlare di oroscopi e di segni zodiacali è abbastanza comune quando si sta tra amiche o quando si è appena conosciuta una persona nuova e, allora, può fornirci un “gancio”. Non sempre e non per tutti, certo, ma per molti lo è. In questo caso, e con mio stupore, lo è stato. Sì perchè, di tutti i posti in cui mi sarei aspettata di parlare di affinità zodiacali, lo studio medico di un distretto sanitario è l’ultimo a cui avrei pensato. Così, tra un’anamnesi famigliare e un confronto clinico, giù a snocciolare vizi e virtù, pregi e difetti del “nostro” segno. Intanto mi raccontava di sé. Di quanto, già da bambina, avesse la naturale inclinazione a prendersi cura degli altri (“Mia madre mi mandava, all’età di sei anni, dai nonni per vedere se stavano bene, misurargli la pressione e dargli le medicine”, mi dice). Del suo bambino, che ha allattato al seno fino ai due anni – “Non farei quello che faccio, se non credessi all’importanza di questa pratica”, sottolinea in risposta al mio cenno di approvazione. Del suo cucciolo di bassotto, arrivato nel suo ménage domestico “da giusto due giorni” – e di come avesse passato la notte precedente a tranquillizzarlo, perché spaventato a causa di un tremendo temporale.

Io intanto continuavo ad annuire non potendo, allo stesso tempo, fare a meno di notare quanto questa donna incarnasse un aspetto caratterizzante del suo segno: la Cura dell’Altro. Il senso del servizio e la dedizione come pratica quotidiana. Ma non è finita. Mentre dava indicazioni e mi sistemava per l’esame radiologico, scopro che possiede un vero e proprio zoo, a casa sua. Oltre al bassotto, infatti, la sua famiglia si compone di un ara brasiliano (i pappagalli giganti dal piumaggio coloratissimo, autoctoni dell’Amazzonia), una tartaruga e un gatto. Di quest’ultimo, mi racconta di come è arrivato a casa sua: un esserino terrorizzato e malconcio di una cucciolata abbandonata. “Era in condizioni terribili, denutrito e pieno di croste. L’ho allattato col mio latte!”

Questa affermazione, pronunciata con una semplicità disarmante, mi folgora. La dottoressa intercetta il mio evidente stupore e continua – “Non avevo latte in casa e avevo già dato la poppata a mio figlio…”, “..quindi te ne sei tirato un po’ e lo hai dato al gattino?”, le chiedo intuendo già la sua risposta; “Sì, ho pensato: tanto sempre latte è!”, “Hai fatto bene, hai fatto una cosa stupenda!!”, le dico con sincera ammirazione. La naturalezza con cui mi ha raccontato l’episodio, me la porto ancora dentro. L’immagine che il suo racconto ha evocato, mi ha affascinato, e ho subito sentito il bisogno di fissarla per iscritto: ha reso un ordinario esame di controllo, un fatto da narrare.

Quando sono tornata a casa, avevo davanti agli occhi l’immagine di questa donna che, con il tiralatte, si aspira il latte dal seno per poi nutrirci il cucciolo affamato, salvandolo da morte certa… È un’istantanea di una bellezza indicibile. Un’immagine di Cura dell’Altro senza esclusione di specie.

Gina Lombroso (foto da Wikipedia)

Quello stesso giorno, alla radio, sintonizzata su Rai Radio3, parlano di Gina Lombroso, donna medico, scrittrice e tanto altro (nonché figlia di Cesare Lombroso, fondatore della moderna Criminologia). E di come, agli inizi del ‘900, con i suoi studi sulla condizione della donna , designò con il nome di Alterocentrismo, la teoria secondo cui «La donna è altruista o meglio alterocentrista nel senso che fa centro del suo piacere, della sua ambizione, non in se stessa, ma in un’altra persona che essa ama e da cui vuole essere amata, il marito, i figli, il padre, l’amico, ecc.»1 Gli animali, aggiungo a bassa voce.

Mi colpisce la consonanza dell’argomento con l’esperienza da me vissuta poche ore prima.

Naturalmente, l’accostamento tra senso materno, cura dell’altro, zodiaco e teoria alterocentrista non è l’oggetto di questa narrazione; è piuttosto frutto di una pura considerazione personale sull’interconnessione, quella rete invisible di collegamenti tra ambiti e caratteri che, solo apparentemente, poco hanno a che vedere tra loro ma che invece esiste, e potrebbe risultare molto affascinante se indagata oltre.

Mi fermo qui. La mia urgenza narrativa ha trovato la sua espressione nel racconto di un bel gesto.

Nota:

1 Gina Lombroso, L’anima della donna,1921, citato in Delfina Dolza, Essere figlie di Lombroso. Due intellettuali tra ‘800 e ‘900, p. 209, Milano 1990

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