Il Genio nelle Mani

“Ritengo che il dettaglio, come nel minimalismo giapponese, sia ciò che rende la bellezza di un oggetto” [Patrizia Sansone, titolare del marchio Borse Delineo Lab]

Ho sempre provato un’ammirazione sincera per chi “sa fare” le cose. Un interesse genuino per quella capacità di creare dal nulla oggetti, disegni, storie, canzoni. Senza invidia: c’è chi “sa fare” e c’è chi “sa riconoscere” il saper fare di un’altra persona. Ad ognuno il suo. E non pecco certamente di presunzione quando affermo di saper riconoscere la genialità quando la vedo: ho un certo fiuto. Ciò che mi affascina è la genesi dell’idea e il processo creativo che l’accompagna. E a quel punto comincio ad indagare, a decostruire da antropologa, per arrivare alle origini di quel primo impulso generatore, che ha dato vita all’opera. Ed esplorarlo in tutta la sua Bellezza. Perché il Genio, si sa, non può che essere Bello.

“Il genio è il dio che abbiamo dentro di noi, l’essenza della fiducia in sé stessi”1. Trovo che questa definizione ben si addice alla storia straordinaria di Patrizia Sansone e del suo laboratorio artigianale di borse ed oggetti di uso quotidiano. Proprio come l’incipit, la creatività di Patrizia è l’espressione concreta, fattiva e tangibile della sua “filosofia di vita”: una filosofia che si fonda sul rispetto della Natura – “Siamo ospiti nel mondo e dobbiamo averne rispetto anche nelle cose di tutti i giorni” – sul riciclo e il riuso di oggetti e materiali di scarto; sull’utilizzo di tessuti naturali dalla trama grossa (“tramosi”, sottolinea coniando un neologismo ad hoc), come canapa lino cotone e lana; e sul testimoniare in chiave contemporanea, i saperi di un’antica tradizione manuale, tramandati di madre in figlia, di cui Patrizia è una legittima erede.

“Fondamentalmente mi piace trovare bellezza negli scarti della Natura: le foglie cadute, i rami restituiti dal mare.. li vedo molto decorativi, sono belli, hanno una loro storia. Quello che Natura scarta, la fine di un processo vitale… ci vedo molta Bellezza, è una cosa che ha attraversato tante fasi ma ha ancora qualcosa da dire: devi solo trovargli la chiave” [Patrizia Sansone, intervista del 18/11/2021]

Mentre parlo con Patrizia e guardo le sue creazioni, penso allo Shibui, la filosofia giapponese della bellezza naturale, semplice sottile e non vistosa, che coniuga insieme carettistiche contrastanti di ruvidità e raffinatezza, traendone una bellezza vera e autentica. Continua Patrizia: “Mi piace la materia. Mi piace vedere le sue trame. Forse è proprio per questo che mi piacciono il legno, le pietre: perché si vedono le strutture della materia, quella grana che ogni cosa possiede…Immagino le venature del legno.. è un vedere dentro, gli dànno quella visione ‘oltre'”. Recuperare ciò che Natura scarta: potrebbe essere un modo per esorcizzare la morte? – “Sì, forse sì. Come se non ci sia mai una fine.. sembra che non serve più ma in realtà ha ancora qualcosa da dire. Unire praticità e ispirazione: sei tu che gli dài piacevolezza, e poi comunicarne il valore, vedere se piace..” L’occhio di chi sa riconoscere la Bellezza, sa vedere la qualità, la ricercatezza nel riciclare. Le rifiniture. Comunicare nuovo “valore”, come con la tel’r cas [= tela per casa, nel suo dialetto d’origine].

La tel’r cas è un tipo di canapa realizzata artigianalmente, al telaio. È una tela fatta per gli usi domestici. Un tessuto “povero” che si usa per avvolgere il pane, poi riposto nelle ‘mpasta pane, ovvero dei mobili in legno usati per impastare il pane e per custodirvi farina, lievito e altre sostanze alimentari [le madie, n.d.r.]. “Nel tempo, si cominciò anche a farne dei copriletti, con due di queste tele unite da merletti, anche questi realizzati a mano. Mia madre ne ha fatti molti di questi copriletti” [la madre di Patrizia è una ricamatrice rifinitissima, che le ha trasmesso l’arte e l’amore per i manufatti artigianali, n.d.r.]. “Mi piace e la uso perché è versatile, naturale: è una canapa grezza dalla trama grossa”.

Un artigianato “artistico”

Patrizia Sansone è originaria di Bella (PZ), una cittadina di circa 5.000 abitanti, che sorge a 662 m s.l.m., le cui origini remote risalgono al periodo pre-romano. Il luogo di provenienza, la terra lucana, con le sue tradizioni e la sua natura, è un richiamo molto potente e presente nelle sue realizzazioni. È da qui che viene la sua passione, la sua eredità culturale: da chi l’ha preceduta e le ha trasmesso l’importanza del riuso, la cultura del non-spreco, la gratitudine verso ciò che ci dà la Natura. “Il riciclo è un modo per esorcizzare; anche le persone, quando muoiono, il ricordo che lasciano è sempre presente. Le persone che ho perso, come mio nonno, ti lasciano sempre qualcosa che ti porti dietro proprio nelle esperienze che fai, come fai le cose”. Così come gli insegnamenti di sua madre e di sua nonna prima di lei – “Sì, ho imparato da loro, assolutamente. Dove sono nata, ma penso un po’ in tutte le culture, la “cultura del fare” è parte della vita di tutti i giorni. Mia nonna faceva le orecchiette a mano: erano perfette, sembravano sculture. Aveva una tale esperienza nelle mani, se la portava dietro sin da bambina e così per tutte le cose, come il ricamo. Mio nonno, pur non essendo falegname, faceva oggetti in legno con il legname che recuperava in giro.” Questo c’è nel suo DNA.

Bella (PZ) [foto www.michelesantarsiere.it/bella/]

Cosa c’è nelle mani di queste persone? Non sono solo mani che “fanno cose”, c’è una storia, un contesto contadino legato alla terra. Fabbricare oggetti per l’uso quotidiano: non si compravano, si facevano – “Sì, ma anche per bellezza. L’uso quotidiano associato al senso estetico: non lo devi solo fare; lo devi fare ‘fatto bene’. Avevano molto senso estetico, il senso della bellezza oltre che la funzionalità. È un artigianato ‘artistico’, l’ispirazione applicata al quotidiano. La praticità è ispirazione, poi sei tu che la rendi bella, piacevole anche nella forma e nei materiali usati. Questi materiali ti parlano: immagino sempre la trama, quel qualcosa che gli dà corpo e anche sostanza, una tridimensionalità (le pietre e il legno); la puoi toccare, gli dà esistenza.. è come i tagli di Fontana: un vedere dentro, vedere oltre, è la visione che sta dietro.” Come esportare questa “filosofia di vita”, di un artigianato che ha in sé la visione “oltre”, che sia rispettoso, ecologico, etico? – “In tutte le cose che faccio, cerco di tenere sempre ben presente che siamo ospiti su questo pianeta e penso che dobbiamo averne rispetto. Il mio sentire si riflette in quello che faccio, anche nelle cose ordinarie come il cucinare. Il mio pensiero è sempre quello, mi accompagna in tutto.”

“Dove tieni la mano, devi tenere la testa; dove tieni la testa, devi tenere il cuore altrimenti il lavoro non viene bene” [Antonio Zambrano, 94 anni, mastro ebanista]

Territorio, contesto, tradizione: fattori determinanti nella formazione e nelle scelte di vita di Patrizia, qualcosa da cui non può prescindere, e a cui attinge, per nutrire anche la sua “ontologia” creativa, reinterpretando con soluzioni innovative, antichi saperi e usi quotidiani. Ma come nasce l’idea creativa, la spinta a “fare”? Da dove viene questa urgenza, questo non poter fare a meno di? – “Sento che devo farlo, lo faccio e basta. A volte è una terapia, perché dimentico i vari problemi che posso avere, mi fa dimenticare il corpo… e poi, mi fa bene usare il corpo in modo creativo. Penso solo a quello che faccio, anche a livello tecnico sono molto presente mentre realizzo i miei manufatti. Quando sono all’opera non penso ad altro: a volte perdo il senso del tempo, mi assorbe tutta, Se non sono in forma non riesco ad essere produttiva, ma in genere mi coinvolge totalmente. Non penso se questo oggetto serve o non serve, lo faccio e basta.”

Anche questo ha ereditato Patrizia, da sua nonna e dal suo modo di preparare le orecchiette “fatte a mano”. Sicuramente l’allenamento nel fare le cose porta ad una forma di perfezione, il gesto diventa quasi automatico: le mani lo hanno memorizzato al punto che vanno da sole. Ma qui l’automatismo c’entra poco o niente. È dedizione, è cuore. Sì, è vero, c’è una tradizione antica, una conoscenza trasferita e poi assorbita, dietro quello che fa Patrizia, ma c’è soprattutto una trasmissione immateriale: oltre la manualità c’è anche l’Anima. Esserci mentre lo fai, consapevole che quello che stai facendo viene da, che ha avuto quella storia: se ci metti il cuore, sa di buono. Realizzare con le mani una filosofia.

“La genialità nelle mani, penso sia una diversa intelligenza” [Patrizia Sansone, intervista del 18/11/2021]

Il sapere nelle mani, mani sapienti che conoscono una tradizione antecedente: è un sapere perché c’è tutta la persona dentro il manufatto, quell’oggetto parla di chi lo ha realizzato. – “Mia nonna non buttava niente. La prendevamo in giro ma lei conservava tutto, e poi lo riutilizzava. Aveva il senso del non sprecare mai niente, venendo da una cultura contadina, con un retroterra povero… Noi abbiamo imparato il riciclo prima che diventasse una politica ecologica. L’ecologia ci appartiene e la terra, oltre a nutrirci, ci dà anche i materiali che, una volta lavorati e diventati attrezzi, ci permettono di trarne nutrimento: è un circolo virtuoso che si autoalimenta. Mia nonna mi ha insegnato a baciare il pane quando cade a terra, un gesto che mantengo tutt’ora.” ll bacio del pane è un rito sacro, il pane non si butta mai perché nel pane c’è tutto: la terra, l’acqua, il sole, il fuoco, il lavoro di donne e uomini, per questo va onorato, rispettato e condiviso. -“Il pane secco diventa pancotto, zuppa, polpette, ‘acqua sala’ – un brodino a base di cipolla, pomodoro e pane secco e se c’era un uovo, allora si metteva pure quello.” Ricordi e saperi si fondono con odori e sapori.

Patrizia Sansone è una persona di grande umiltà e molto riservata, ancorché geniale. C’è voluto del tempo e vari tentativi, prima che accettasse di parlare liberamente della sua abilità manuale. Ho sempre creduto che ne valesse la pena. Lei non ama i social e non ama parlare di quello che fa. Un atteggiamento controcorrente e coraggioso in un’epoca in cui se non hai almeno un account social non esisti. Però, viviamo in un mondo in cui tanti dicono anche troppo, e male, o fanno anche troppo, e male, perciò se c’è un’eccellenza che non si avvale di quel canale per esprimersi, come facciamo a scovarla? Come lo troviamo questo “genio” nascosto chissà dove? L’artigianato nel nostro paese ha un valore e la rete, se usata intelligentemente, permette di essere esportabili: si evolve, quando si fa un salto verso qualcosa che non si conosce. -“Non sono capace di pensare a questa attività come a un lavoro, qualcosa che mi dia da vivere. Trovo complicato trasformare in professione una passione. Non so quanto possa davvero piacere o se comunichi qualcosa, quello che faccio. Saper trovare dentro di sé quella molla che fa scattare la passione in professione, beh, è un vero privilegio.”

È vero, la tua voce non va manifestata, Patrizia, tu parli attraverso gli oggetti che realizzi: il senso del dettaglio, la cura, l’attenzione al particolare derivano proprio dal fare le cose a mano, assorta e in silenzio dentro e fuori di te. È per questo che ho scelto di raccontarti. A ciascuno il suo. Grazie, Patrizia!

Nota: 1) Harold Bloom, Il Genio, Milano, 2002, p. 32

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