“La meditazione è un tornare a casa, inteso come un tornare nel ventre materno: a una condizione di isolamento, in una bolla d’acqua, tornare a una fase di silenzio, in un ambiente protetto.” [M. Carletti, 21/09/2019]
Capita a volte, di solito durante un trasloco, di ritrovare oggetti personali, strumenti di lavoro, chiavi o altro che credevamo persi da tempo, non ricordando in realtà dove li avessimo riposti [e di solito li riponiamo in “certi” posti proprio per ricordarcene, successivamente!]. E lo stupore che ci rapisce davanti a questi ritrovamenti inaspettati è tale da trasportarci, in un lampo, al momento in cui riviviamo con gesti, parole e utilizzo la storia di quel dato oggetto. Lo stesso vale per i file audio, i documenti word o pdf e le foto archiviati nei nostri hard disk, rubricati in sotto-cartelle, contenute in cartelle tematiche all’interno di macro-cartelle: vere e proprie scatole cinesi! Ed è stato durante uno di questi repulisti che, da una macro-cartella contenente diverse cartelle tematiche, è emerso un file audio di cui avevo perso memoria e il cui ritrovamento mi ha reso particolarmente felice. La data del file audio riporta 21 settembre 2019, Equinozio d’Autunno, ed è la registrazione di un seminario, a cui partecipai, sui benefici di una corretta pratica meditativa. Il titolo era “Principi Semplici”; il luogo, il Centro Buddhista Tibetano “Giamzé di Roma”; il relatore, il dottor Massimiliano Carletti.
«Il primo consiglio da dare a chi vuole meditare non è di ordine spirituale, ma fisico: Siediti!», [A. Schnöller, La Via del Silenzio, 2012]

Non appena digito il tasto ▶︎, la voce roca, baritonale e monocorde del Geshe (= Guida spirituale, in lingua tibetana) sta intonando una puja benaugurante, prima dell’inizio del seminario. È una litania mantrica che produce un effetto ipnotico in chi la recita ma anche in chi la ascolta, e subito mi vien da chiudere gli occhi, catapultata nel piccolo Gompa del monastero esattamente in quell’istante. La memoria olfattiva si risveglia: le narici, solleticate dalla carezza dolce e fragrante dell’incenso al sandalo, hanno un leggero fremito. Subito rivedo me in quella stanza, insieme alle altre persone venute ad ascoltare i semplici principi da osservare per ben meditare. Le nostre voci si alternano mentre a turno rispondiamo alla domanda «cos’è la meditazione e perché praticate la meditazione?». La meditazione, ci dice il dottor Carletti, «è un ausilio importante. Ne esistono diversi tipi: l’Esicasmo1, nella tradizione cristiano-ortodossa; il misticismo ebraico della Merkabah2, la meditazione Zen, la Vipassana e altri ancora. Nello stesso tempo, è come se fosse una droga: si medita per stare bene». Ed ecco l’elemento chiave che egli introduce: «durante la meditazione, il cervello produce delle endorfine, esattamente le Alfa e Beta endorfine, che sono una droga ma che entro valori fisiologici non ci procurano danni». Sono sostanze che ci calmano, il nostro cervello le produce quando facciamo una corsa o andiamo in bicicletta per allentare lo stress, e dopo ci sentiamo bene. E quando meditiamo accade la stessa cosa.

Massimiliano Carletti è un medico-chirurgo di lunga esperienza ed è anche un profondo conoscitore ed esperto praticante di discipline orientali, come l’Aikido e il Kyūdõ, o Via dell’Arco. Per tre anni, prima del lockdown del 2020, ha tenuto seminari sulla Conoscenza dell’Essere presso il monastero tibetano di Cisterna di Latina, dove in qualità di medico volontario, si occupa della salute dei monaci residenti. Ne scrissi molto all’epoca, convinta che il suo metodo per una terapia del benessere, fosse originale oltre che nuovo, e che pertanto meritasse di essere divulgato. I miei scritti [uno è visionabile qui] li ho raccolti in una antologia di resoconti ex-post, pronti per essere pubblicati in volume.
Un metodo innovativo

“Non ha senso fare la meditazione se prima non iniziamo a sciogliere il corpo”
«Questo incontro riguarda la conoscenza di noi stessi attraverso l’approccio alla meditazione […], è un primo passo per imparare ad avere una visione introspettiva e, allo stesso tempo, a guardarsi da fuori». Con la voce dell’oratore nelle cuffie, rivivo tutte le fasi di quel pomeriggio di tre anni fa, recuperando anche il senso di benessere derivato dalla pratica degli esercizi eseguiti insieme al dottor Carletti. La prima cosa che ci mostra è un bastone di bambù. Con questo, a turno, ci prende le misure: misura cioè, la qualità delle nostre schiene, se sono erette o curve. Con gli anni, infatti, la colonna vertebrale subisce dei mutamenti, tende a curvarsi e allora bisogna lavorare per riequilibrarla. Sei-Tai4, Reiki, Yoga sono solo alcune delle “vie” esplorate da Massimiliano Carletti, grazie alle quali ha potuto sviluppare, negli anni, delle tecniche di meditazione che ha finito col diffondere dal momento che, ci dice, «il 60-70% delle persone dopo un po’ tende ad abbandonare la meditazione».

Se il corpo è ben curato, la nostra ricerca spirituale andrà spedita. Se il corpo presenta dei problemi o non lo curiamo in modo adeguato, anche il cammino spirituale ne risentirà. Si può meditare in tanti modi: in piedi, seduti, sdraiati, camminando e a gambe incrociate, o posizione del loto. Quest’ultima è la più comune ma è anche quella che sollecita maggiormente le ginocchia. Prima di sederci in loto, con le mani facciamo roteare le ginocchia, in un senso e nell’altro; questo esercizio aiuta a vascolarizzare e articolare i piatti tibiale e femorale, ed è d’ausilio anche per sciogliere le caviglie, interessate anch’esse dalla posizione.
Una cosa che ho appreso, in anni di pratica yogica, è che il corpo ha una sua intelligenza: memorizza movimenti, posture, gesti in modo automatico. È dunque di fondamentale importanza avere consapevolezza del nostro corpo, il quale ci parla attraverso segnali ben precisi [body language]. Il nostro organismo è costituito da miliardi di elettroni, è dunque un aggregato di energia che assorbe da ogni dove: prendiamo energia dal sole, dalla terra, dall’aria, dal cibo e dal “prana” [dal sanscrito, significa “vita”, per traslato “respiro” e “spirito’]. Dove meditiamo o eseguiamo gli esercizi fa quindi una certa differenza, a seconda che ci troviamo in una stanza in città o al mare o a contatto con la natura.


La voce del docente continua, pacata e asciutta, a impartirci indicazioni sull’esecuzione degli esercizi. Nelle pause, avverto i fruscii dei movimenti, i respiri più o meno affannati, i silenzi. Lo sfregolìo dei semi di senape contenuti nel cuscino tubolare, che Carletti ci fa mettere, per lungo, sotto la schiena.
“La colonna vertebrale è una collana di perle, un oggetto prezioso di cui aver cura”.

Con questa immagine mentale, mi viene spontaneo allungarmi, Amo le perle: cosí lisce, fredde, lunari… piccole lune che illuminano il collo, i lobi, i polsi, le dita. Pensare alle vertebre come a delle perle dovrebbe indurre ad avere una cura maggiore della nostra colonna vertebrale. Intanto siamo già distesi sulla schiena, le gambe ad angolo retto con le anche, poggiate su una sedia. La schiena è piatta a terra e si riposa. «Tra una “perla” e l’altra c’è un disco intervertebrale e tra le due ossa c’è un ‘nucleo polposo”», sta dicendo la voce. Continua: «All’interno delle vertebre c’è un canale dove passano i nervi spinali; le vertebre hanno dei vasi sanguigni, ma il nucleo polposo non ne viene nutrito. Tra le due ossa c’è un cuscinetto d’acqua, che si può rompere. Il nucleo polposo non ha vene né arterie, ma viene nutrito da una pressione che si chiama “colloide-osmotica”. In base alla posizione assunta da seduti, il cuscinetto può subire uno stress: non ricevendo sangue, si indebolisce sempre di più. Più passano gli anni più ci accorciamo, perché ci ingobbiamo e disidratiamo il liquido nel cuscinetto». Riporto per intero la spiegazione perché è questo che trovo assolutamente innovativo, nel metodo di Carletti: il coniugare pratiche di benessere orientali e sapere medico-scientifico.


Avere una visione anatomica, mentre eseguo le asana, mi aiuta a conoscermi meglio, ad essere maggiormente consapevole di come sono fatta. L’esercizio consiste nel decomprimere la vertebra D7 [la settima delle 12 dorsali], che corrisponde al cuore posteriore, si trova infatti all’altezza del cuore. La respirazione segue il suo flusso naturale e in questo modo si nutrono i dischi intervertebrali. Un cuscino (vedi sopra) posto sotto la schiena permette alla colonna di allungarsi e al petto di aprirsi; le scapole non toccano terra, la testa reclina all’indietro. Afferriamo un bastone e lo portiamo oltre la testa, avanti e indietro. Tutta la colonna si distende e in più le scapole lavorano, strusciando contro il torace. In questo modo, anche i muscoli retti addominali e lo psoas [detto anche “muscolo dell’anima”] sono completamente decontratti. E in silenzio, si ascolta il corpo, che ci parla. Mi interrogo sulla posizione assunta dal corpo, per comprenderlo – come sono messa? È corretta la postura? E la schiena, è ben distesa? È questo, conoscere sé stessi: «memorizzare e rendere vivo il corpo, che non è più solo un semplice ricettacolo per il cibo, è un percepire noi stessi. Anche questo è meditazione: sentire e percepire il cambiamento in noi», sottolinea Carletti. A leggerlo oggi sembra tutto molto ovvio ma non era così per chi era lì, quel giorno di settembre di tre anni fa. Sono i commenti sussurrati dei presenti, catturati dal mio piccolo Sony Recorder, che me lo dicono, a metà tra la scoperta e l’annuimento4.
Il concetto centrale di questo lavoro su se stessi è quello di “resa”: non avere un obiettivo, non pensare al risultato ma captare l’energia attivata, che continuerà a lavorare dentro di noi. Il respiro è spontaneo, ci abbandoniamo, ci “arrendiamo”: non ci sono nemici. Mi sembra di fluttuare, il corpo inerte non emette segnali e tutto tace, dentro e intorno a me.
“Questi esercizi sono la carta e la penna, ma poi bisogna scriverci!”

Fisiologia e meditazione
Più che un incontro di meditazione, sembra una lezione di fisiologia applicata. Ma è proprio questo l’aspetto, a mio avviso, più interessante di questo seminario, dove la conoscenza anatomica è funzionale alla pratica meditativa! Il riallineamento sacro-craniale del sistema cerebro-spinale è l’oggetto dell’esercizio successivo, che Carletti introduce così;

«Nel nostro cervello ci sono due ventricoli laterali, uno destro e uno sinistro; il 3º ventricolo e il 4º ventricolo, i quali comunicano attraverso l’acquedotto di Silvio; e il liquido cefalorachidiano, o liquor, che circola in tutto il cervello, viaggia lungo il midollo spinale e ha la funzione di nutrire le cellule nervose».
Allineare le vertebre alla base del cranio con l’Atlante [prima vertebra cervicale] è fondamentale poiché aiuta la colonna a distendersi. Lavoriamo al rilassamento dello sfenoide [osso alla base del cranio] e la prima vertebra. Dalla posizione supina, in cui ci troviamo già, poggiamo la testa su un cuscino: questo permette di allineare il 3º ventricolo, centrale, con l’acquedotto, che convoglia poi il liquor lungo tutta la colonna vertebrale. «Ci vuole una grande consapevolezza per allineare correttamente testa e colonna vertebrale», conclude.

Un altro esercizio propedeutico allo scioglimento della colonna vertebrale è il cosiddetto Kyukyu5, o “movimento del pesciolino”. Alcuni domandano in cosa consiste. «È un gioco, non ci sono obiettivi da raggiungere». Supini, i piedi a martello e le braccia allungate oltre la testa, toccano le orecchie. Le mani si sfregano tra di loro mentre i talloni spingono in avanti: tutti i punti della colonna vengono stimolati, anche le apofisi vertebrali e i muscoli paravertebrali. Nella Medicina Tradizionale Cinese si parla di Ren Mai, o Vaso Concezione [i meridiani straordinari]. È volersi bene, prendersi cura di se; è la quintessenza delle funzioni Yin, la capacità di nutrimento. Praticando il “pesciolino” si sprigiona molta energia, si suda molto e ciò aiuta a sciogliere la colonna vertebrale. Emerge la conflittualità tra sé stessi e il movimento; il desiderio di far bella figura cozza con il non conoscersi ed ha un effetto sulla colonna. Non attaccamento al risultato, lasciar andare. «È un gioco», ripete.
“È un lavoro interno”
«Le mani esprimono l’inconscio, dialogano con esso. Ci sono dei punti energetici sui palmi delle mani… sono potentissime, le mani»

La registrazione del seminario sta per finire, mancano ancora pochi minuti che il dottor Carletti impiega per parlarci delle mani. Ci mostra dei mudra, degli esercizi da fare con le mani per sciogliere i polsi. Sulle mani scrisse un interessante articolo anni fa, a riprova di una profonda conoscenza dell’argomento, come aikidoka e come chirurgo.
In piedi, raccogliamo l’aria da terra e a cascata la rovesciamo sulla testa, una doccia energetica d’aria, e nel farlo esprimiamo un pensiero di purificazione. Il cerchio è stretto, come fossimo ognuno sotto una campana di vetro, protettiva. Si crea uno spazio sacro, una bolla che ci protegge e ci impedisce di invadere lo spazio altrui, ugualmente sacro. Lo spazio purificato intorno a me, viaggia con me, mi accompagna e mi scherma, come se camminassi dentro una sfera invisibile. Una buona pratica da farsi prima e dopo la meditazione. Tre minuti di silenzio.

“È un lavoro interno – durante la meditazione entro in confidenza con la mente, ci dialogo al fine di porre la mente al servizio del corpo e il corpo al servizio della mente“ … in uno scambio felice.
In sintesi. 1) Da supini, la posizione ideale delle ginocchia è non tenerle troppo alte, per permettere alle lombari di distendersi; 2) in loto, lo zafu, ha la funzione di sollevare leggermente il sacro; 3) fare gli esercizi al mattino aiuta a sciogliere ossa e muscoli, intorpiditi dal sonno; 4) la decontrazione della colonna va bene farla la sera, per decomprimere e nutrire le vertebre.
*Tutte le foto di questo articolo sono di Rita Balestra.
**Le tavole anatomiche, il Buddha nell’erba e le mani del Buddha, e la sequenza di pietre zen sono immagini Royalty-free scaricate da internet. In caso di Copyright verranno immediatamente rimosse.
NOTE:
- Esicasmo: dottrina e pratica ascetica diffusa tra i monaci dell’Oriente cristiano fin dai tempi dei Padri del deserto (IV secolo). Scopo dell’esicasmo è la ricerca della pace interiore, in unione con Dio e in armonia con il creato.
- Merkavah, merkabah (lett. “carro”) è una corrente del misticismo ebraico tra le più antiche, che deriva da visioni estatiche, e si riportano storie di ascese a “palazzi” celesti e al “Trono di Dio”, ossia le stelle circumpolari (Grande Carro) e lo stesso polo nord astrale.
- Il Sei Tai è una pratica di salute con molteplici origini formalizzata da Haruchika Noguchi (1911-1976) in Giappone intorno alla metà del XX secolo. Il termine significa “corpo posizionato correttamente”.
- Annuimento: dalVocabolario genetico-etimologico della lingua italiana, Di Giovanni Battista Bolza, Vienna, dalla stamperia di Corte e di Stato, 1832
- Kyukyu: è anche un medico di Water Seven, ed è il dottore che visita Iceburg dopo l’attentato alla sua vita. È un uomo anziano con pochi capelli grigi e folte sopracciglia e baffi. Il suo nome significa letteralmente “pronto soccorso” (ha la croce rossa sulla fronte).